Il decreto legislativo 10 marzo 2023, n. 24, di recepimento della direttiva UE 2019/1937 riguardante "la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione” (cd. disciplina whistleblowing) ha l’obiettivo di stabilire norme minime comuni per garantire un elevato livello di protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione, creando canali di comunicazione sicuri sia all’interno di un’organizzazione, sia all’esterno.
Di seguito, una rassegna dei principali contenuti della disciplina.
Ambito oggettivo e soggettivo di applicazione
La disciplina si applica alle violazioni delle disposizioni normative nazionali e dell’Unione europea che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, di cui i soggetti segnalanti siano venuti a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato.
In particolare, le segnalazioni sono definite come le informazioni, compresi i fondati sospetti, su violazioni già commesse o non ancora commesse (ma che, sulla base di elementi concreti, potrebbero esserlo), nonché su tentativi di nasconderle.
Le segnalazioni possono avere a oggetto, tra le altre: i) illeciti amministrativi, contabili, civili o penali; ii) condotte illecite rilevanti ai sensi del d.lgs. n. 231/2001 e violazioni dei modelli di organizzazione e gestione ivi previsti; iii) violazioni della normativa europea in materia di sicurezza dei trasporti, tutela dell’ambiente, radioprotezione e sicurezza nucleare, sicurezza degli alimenti e dei mangimi e salute e benessere degli animali, salute pubblica, protezione dei consumatori, tutela della vita privata e protezione dei dati personali, sicurezza delle reti e dei sistemi informativi; iv) violazioni della normativa in materia di concorrenza e aiuti di Stato.
Restano invece escluse le contestazioni legate a un interesse di carattere personale del segnalante, che attengono ai rapporti individuali di lavoro, nonché quelle in materia di sicurezza e difesa nazionale.
Le segnalazioni possono essere effettuate mediante l’utilizzo di tre strumenti: i) canali di segnalazione interni all’ente; ii) canale esterno gestito dall’ANAC; iii) divulgazione pubblica tramite la stampa o mezzi elettronici o mezzi di diffusione in grado di raggiungere un numero elevato di persone.
Con riferimento all’ambito di applicazione soggettivo, il Decreto distingue tra soggetti pubblici e privati.
I soggetti del settore privato sono quelli che:
1) hanno impiegato, nell’ultimo anno, la media di almeno 50 lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato;
2) rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione di cui alle parti I B e II dell’Allegato, anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di 50 lavoratori subordinati. Si tratta dei settori dei servizi, prodotti e mercati finanziari, prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, nonché della sicurezza dei trasporti.
Nell’ambito dei soggetti di cui ai nn. 1 e 2, è possibile effettuare segnalazioni interne ed esterne, nonché divulgazioni pubbliche su tutte le violazioni contemplate dalla nuova disciplina.
3) sono diversi dai soggetti di cui al numero 2), sono dotati di un modello di organizzazione e gestione 231, anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di 50 lavoratori subordinati. In particolare, per le imprese dotate di modello organizzativo 231 e con un numero di dipendenti inferiore alla media di 50 lavoratori è possibile effettuare segnalazioni solo inerenti violazioni della disciplina 231 o del modello organizzativo 231 e unicamente attraverso il canale interno. Invece, per le imprese dotate di modello 231 ma con una media di lavoratori superiore alle 50 unità è possibile effettuare segnalazioni interne, esterne e divulgazioni pubbliche, su tutte le violazioni contemplate dalla nuova disciplina.
Nell’ambito dei soggetti pubblici e privati le segnalazioni possono essere fatte da: lavoratori dipendenti e autonomi, collaboratori, liberi professionisti, i volontari, i tirocinanti e le persone con funzione di direzione amministrazione e controllo. Inoltre, la disciplina si applica anche alle segnalazioni che riguardino violazioni acquisite nell’ambito di un rapporto di lavoro nel frattempo terminato, nonché a coloro il cui rapporto di lavoro non sia ancora iniziato, qualora le informazioni sulle violazioni oggetto della segnalazione siano state acquisite durante il processo di selezione, ovvero in altre fasi precontrattuali.
Canali di segnalazione: modalità e presupposti
Le segnalazioni possono essere effettuate attraverso tre diversi canali: 1) interno all’ente; 2) esterno, gestito dall’ANAC; 3) divulgazione pubblica.
Quanto al canale di segnalazione interno, il Decreto prevede che i soggetti del settore pubblico e del settore privato debbano attivare propri canali di segnalazione, che garantiscano, anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, la riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta (ovvero la persona fisica o giuridica menzionata nella segnalazione e alla quale è attribuita la violazione o che comunque è indicata come implicata nella stessa), nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione.
I soggetti del settore pubblico e i soggetti del settore privato attivano tale canale sentite le rappresentanze o le organizzazioni sindacali di cui all'art. 51 del D.lgs n. 81/2015.
Qualora l’ente sia dottato di un modello organizzativo 231, all’interno dello stesso devono essere indicati i canali interni.
La gestione del canale di segnalazione interno può essere affidata a una persona o a un ufficio interno autonomo dedicato e con personale specificamente formato, oppure a un soggetto esterno.
Le segnalazioni interne possono essere effettuate in forma scritta, anche con modalità informatiche, oppure orale attraverso linee telefoniche o sistemi di messaggistica vocale ovvero, su richiesta della persona segnalante, mediante un incontro diretto fissato entro un termine ragionevole.
Inoltre, il Decreto prevede che i soggetti privati che hanno impiegato, nell’ultimo anno, una media di lavoratori subordinati - con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato - non superiore a 249, possano condividere il canale di segnalazione interna e la relativa gestione.
Il Decreto disciplina anche le attività che il soggetto che riceve la segnalazione interna deve assicurare, laddove prevede che lo stesso debba, tra le altre: i) rilasciare al segnalante avviso di ricevimento della segnalazione entro 7 giorni dalla data di ricezione; ii) dare diligente seguito alle segnalazioni ricevute; iii) fornire riscontro alla segnalazione entro 3 mesi dalla data dell’avviso di ricevimento o, in mancanza di tale avviso, entro 3 mesi dalla scadenza del termine di 7 giorni dalla presentazione della segnalazione; iv) mettere a disposizione informazioni chiare sul canale, sulle procedure e sui presupposti per effettuare sia le segnalazioni interne che quelle esterne. Queste informazioni devono essere esposte nei luoghi di lavoro, nonché, laddove presente, inserite nel sito internet dell’ente.
Con riferimento al canale di segnalazione esterna, il Decreto affida all’ANAC la relativa gestione, stabilendo che l’Autorità debba attivare un canale che garantisca, anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, la riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta e della persona menzionata nella segnalazione, nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione.
Quanto ai presupposti, il Decreto prevede che il soggetto segnalante possa effettuare una segnalazione esterna all’ANAC qualora ricorra una delle seguenti condizioni:
- non è prevista, nell’ambito del suo contesto lavorativo, l’attivazione obbligatoria del canale di segnalazione interna ovvero questo, anche se obbligatorio, non è attivo o, anche se attivato, non è conforme;
- il segnalante ha già effettuato una segnalazione interna e la stessa non ha avuto seguito.
- il segnalante ha fondati motivi di ritenere che, se effettuasse una segnalazione interna, alla stessa non sarebbe dato efficace seguito ovvero determinerebbe condotte ritorsive;
- il segnalante ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse.
Il Decreto prevede poi che, qualora la violazione non sia di propria competenza, l’ANAC la debba trasmettere alle autorità giudiziaria o amministrativa competente e darne contestuale avviso al segnalante.
Il Decreto detta poi disposizioni comuni alla segnalazioni interne ed esterne, ovvero: i) le segnalazioni non possono essere utilizzate oltre quanto necessario per dare adeguato seguito alle stesse; ii) l’identità del segnalante e qualsiasi altra informazione da cui può evincersi tale identità non possono essere rivelate, senza il consenso espresso dello stesso segnalante; iii) le segnalazioni e la relativa documentazione sono conservate per il tempo necessario al trattamento della segnalazione e, comunque, non oltre 5 anni a decorrere dalla data della comunicazione dell’esito finale della procedura di segnalazione.
Infine, il Decreto prevede che la persona segnalante possa effettuare una divulgazione pubblica, qualora ricorra una delle seguenti condizioni:
- ha già effettuato una segnalazione interna ed esterna, ovvero ha effettuato direttamente una segnalazione esterna e non è stato dato riscontro nei termini previsti in merito alle misure previste o adottate per dare seguito alle segnalazioni;
- ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse;
- ha fondato motivo di ritenere che la segnalazione esterna possa comportare il rischio di ritorsioni o possa non avere efficace seguito in ragione delle specifiche circostanze del caso concreto, come quelle in cui possano essere occultate o distrutte prove oppure in cui vi sia fondato timore che chi ha ricevuto la segnalazione possa essere colluso con l’autore della violazione o coinvolto nella violazione stessa.
Tutela del segnalante
Per tutelare il segnalante e, al contempo, incentivare le segnalazioni, la normativa stabilisce che il primo non possa subire alcuna ritorsione, prevedendo specifiche misure di protezione e limitazioni della responsabilità.
Tali tutele sono concesse qualora il segnalante, al momento della segnalazione, della denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o della divulgazione pubblica, aveva il fondato motivo di ritenere che le informazioni sulle violazioni fossero vere e rientrassero nell’ambito di applicazione oggettivo della normativa. Inoltre, le segnalazioni e divulgazioni devono essere state effettuate nel rispetto della disciplina e procedura di utilizzo dei diversi canali.
Le misure di protezione nei confronti del segnalante non trovano applicazione, invece, quando è accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale della persona segnalante per i reati di diffamazione o di calunnia, ovvero la sua responsabilità civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave. In tali casi è irrogata una sanzione disciplinare.
Nel merito delle misure di tutela, il Decreto prevede anzitutto il divieto di atti ritorsivi, tra i quali rientrano, a titolo non esaustivo, il licenziamento, il demansionamento, il trasferimento di sede e ogni altra azione che comporti effetti negativi sui contratti di lavoro, nonché una serie di altre condotte afflittive, come la richiesta di sottoposizione ad accertamenti medici o psichiatrici, e azioni discriminatorie dalle quali conseguono pregiudizi economici o finanziari, anche in termini di perdita reddituale o di opportunità.
Al riguardo, si prevede che il segnalante possa comunicare all’ANAC le ritorsioni che ritiene di avere subito. In caso di ritorsioni commesse nel contesto lavorativo privato, l’ANAC informa l’Ispettorato nazionale del lavoro, per i provvedimenti di propria competenza.
Gli atti di ritorsione assunti in violazione della predetta normativa sono nulli e le persone che siano state licenziate a causa della segnalazione o della denuncia hanno diritto a essere reintegrate nel posto di lavoro in attuazione della disciplina applicabile al lavoratore.
Nell’ambito di procedimenti giudiziari o amministrativi o di controversie stragiudiziali aventi a oggetto l’accertamento dei comportamenti ritorsivi, la nuova normativa stabilisce la presunzione che gli stessi siano stati posti in essere a causa della segnalazione, denuncia o divulgazione pubblica. L’onere di provare che tali atti siano motivati da ragioni estranee è a carico di colui che li ha posti in essere. Inoltre, in caso di domanda risarcitoria presentata all’autorità giudiziaria da segnalanti che dimostrino di aver subito un danno, a seguito di una segnalazione, divulgazione pubblica o denuncia all’autorità giudiziaria o contabile, si presume, salvo prova contraria, che il danno sia conseguenza della segnalazione.
Il Decreto prevede poi limitazioni alla responsabilità del soggetto segnalante, che non è punibile qualora riveli o diffonda informazioni su violazioni coperte dall’obbligo di segreto (diverso da quello su informazioni classificate, segreto medico e forense e deliberazioni degli organi giurisdizionali), relative alla tutela del diritto d’autore o alla protezione dei dati personali o che offendono la reputazione della persona coinvolta o denunciata, quando, al momento della rivelazione o diffusione, vi fossero fondati motivi per ritenere che la rivelazione o diffusione delle stesse informazioni fosse necessaria per svelare la violazione.
Ancora, il Decreto prevede che le misure di protezione si applichino non solo ai segnalanti, ma anche ad altri soggetti specificamente individuati, ovvero: i c.d. facilitatori (coloro che assistono una persona segnalante nel processo di segnalazione), i colleghi e i parenti del segnalante e i soggetti giuridici collegati al segnalante.
Infine, è stata introdotta una disposizione a tutela della persona coinvolta dalla segnalazione. In particolare, si prevede che la stessa possa essere sentita, anche attraverso la produzione di osservazioni e documenti scritti, nell’ambito dell’istruttoria sulla segnalazione interna o esterna che la riguarda.
Sanzioni
Il Decreto affida all’ANAC il potere di sanzionare le violazioni della nuova disciplina (art. 21). In particolare, l’Autorità applica le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:
- da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che sono state commesse ritorsioni o quando accerta che la segnalazione è stata ostacolata o che si è tentato di ostacolarla o che è stato violato l’obbligo di riservatezza;
- da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che non sono stati istituiti canali di segnalazione, che non sono state adottate procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni ovvero che l’adozione di tali procedure non è conforme a quelle previste per i canali interni, nonché quando accerta che non è stata svolta l’attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute.
Al riguardo, si segnala che nel testo approvato è stata introdotta una previsione - la cui formulazione appare poco chiara - secondo cui l’ANAC avrebbe titolo a irrogare una sanzione pecuniaria (da 500 a 2.500 euro), nei confronti del segnalante, qualora sia accertata la sua responsabilità civile, a titolo di dolo o colpa grave, per diffamazione e calunnia.
Infine, si prevede che i soggetti del settore privato che adottano un modello organizzativo 231, con meno di 50 dipendenti, devono prevedere nel sistema disciplinare sanzioni nei confronti dei responsabili degli illeciti sopra richiamati.
Efficacia temporale della nuova disciplina
Il Decreto si applica a decorrere dal 15 luglio 2023 ma per i soggetti del settore privato che, nell’ultimo anno, hanno impiegato una media di lavoratori subordinati fino a 249 unità, l’obbligo di istituire un canale interno di segnalazione ha effetto a decorrere dal 17 dicembre 2023.