Dopo l'approvazione in via definita dello scorso 24 maggio, lo scorso 5 luglio è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea la Direttiva UE 2024/1760 relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità (c.d. Corporate Sustainability Due Diligence Directive - CS3D).
La Direttiva è entrata in vigore il 25 luglio 2024 e gli Stati membri avranno due anni di tempo per recepirla (entro il 26/07/2026).
La Direttiva si applica a:
- le società costituite conformemente alla normativa di uno Stato membro con più di 1000 dipendenti e più di 450 milioni di euro di fatturato netto annuale a livello mondiale;
- le società capogruppo di un gruppo che abbia raggiunto tali limiti minimi;
- i franchising che operano nell'Unione con un fatturato superiore a 80 milioni di euro, di cui almeno 22,5 derivanti da royalties;
- le imprese, le società capogruppo e i franchising di Paesi terzi che raggiungono le predette soglie di fatturato all'interno dell’Unione.
Tuttavia, per gli obblighi di due diligence è prevista un’applicazione graduale:
- a 3 anni per le imprese con più di 5000 dipendenti e 1,5 milioni di fatturato (26 luglio 2027);
- a 4 anni per le imprese con più di 3000 dipendenti e 900 milioni di fatturato (26 luglio 2028);
- a 5 anni per le imprese con più di 1000 dipendenti e 450 milioni di fatturato (26 luglio 2029).
La Direttiva sancisce obblighi per le imprese in merito agli impatti negativi, effettivi e potenziali, sui diritti umani e sull'ambiente derivanti dalle proprie attività, dalle attività delle loro filiazioni e dei loro partner commerciali nelle catene di attività cui partecipano; nonché obblighi specifici relativi alla lotta ai cambiamenti climatici.
A questo fine, gli Stati membri devono assicurare che le società definiscano e implementino misure di due diligence in materia di diritti umani e ambiente volte a:
- integrare il dovere di diligenza nelle politiche aziendali e nei sistemi di gestione dei rischi;
- individuare e valutare gli impatti negativi su diritti umani e ambiente, adottando un approccio basato sul rischio;
- prevenire e attenuare gli impatti negativi potenziali e arrestare e riparare quelli effettivi;
- svolgere un dialogo significativo con gli stakeholder;
- istituire e mantenere un meccanismo di notifica e una procedura di reclamo;
- monitorare l’efficacia della politica e delle misure adottate;
- rendicontare pubblicamente circa il dovere di diligenza.
Inoltre, le società devono adottare un piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici, al fine di rendere i propri modelli e strategia aziendali compatibili con il limite di 1,5 °C di aumento della temperatura media del Pianeta rispetto ai livelli preindustriali, così come previsto dagli Accordi sul clima di Parigi, e per conseguire la neutralità climatica entro il 2050.
A presidio del rispetto di tali obblighi, viene delineato un sistema di enforcement imperniato sul coinvolgimento di autorità nazionali di controllo - dotate del potere di ordinare provvedimenti correttivi e forme di riparazione e di irrogare sanzioni anche pecuniarie (con un massimo non inferiore al 5% del fatturato mondiale) - e su un regime di responsabilità civile delle società per i danni causati dalle violazioni dei predetti obblighi.